Se io riuscissi senza farti male
ad abitare dentro il tuo
dolore
arriverei ad aprire le
finestre
farei filtrare il sole
lentamente
opponendo il mio corpo a
quel chiarore
fino a che tu volgessi
ancora il capo
a ritrovar le luci
dentro l'ombra.
verrei a sottrarti
all'angolo più buio
quello dove si è perso
il tuo sorriso
passo dopo passo a
conquistar la soglia
poi finalmente fartela
varcare.
vedresti un'onda gialla
d'elicriso
mentre l'effluvio
lenirebbe l'anima
sapresti che egli ancora
sopravvive
aggrappato alle rocce o
nella gariga
sotto il vento sferzante
e la salsedine.
oltre la macchia viola
del ginepro
dove s'ammanta di
biancore il cisto
ritroveresti il mare e
la risacca
ritornerebbe l'onda
della vita
a riportare a largo il
tuo tormento.
L'attraversamento è un atto che si può compiere da soli e le soglie da varcare, materiali o spirituali, devono essere affrontate altrimenti è la resa. Questo è il retaggio che porto cucito addosso e che proviene da generazioni coriacee, ma benché io lo ritenga un monito fra i più utili e saggi, mi sono accorta che c'è qualcosa che anche l'essere più solo e crudo e corroso brama condividere, ed è quasi sempre troppo doloroso da esternare per chi della propria carcassa ha fatto col tempo, padre, madre e figlio. E allora, Virgilio, da qualche parte salta fuori chi prova ad abitare gli altri, quasi senza alcun clamore e credimi, di mano in mano, l'effluvio lo sente tanto chi dà quanto chi riceve. La brama di esporre a un "similare" tutto il mondo meraviglioso che si ha dentro, con la certezza che verrà percepito per intero, è il motivo per cui quei canini bianchissimi continueranno ad affondare in ogni tempo, la dove devono. E non sarà autofagia finchè la poesia avrà il suo giusto peso, no, di sicuro caro Virgilio, sarà un fisiologico sfamarsi in un convivio dove ogni penna spinge "la mano (...) a seguitare il rapido corso del pensiero". Due spaccati, il tuo e quello di Rosario, dove più di qualcuno troverà parte di se, ed è così, anche così che varchiamo quella soglia, senza fare e farci del male. Grazie per il le tue parole.
RispondiElimina(Arlette)
sono io che ringrazio la poetessa Arlette, quando un tempo mi diede il permesso a postare le sue opere, ma non oso andare oltre questa immensa sua poesia che basta e avanza al mio gran tormento di aver perso una grande amicizia, ora Le chiedo scusa se dopo tanto tempo pubblico quella che io considero la pietra miliare del mio sentire il mare , ingens aequor , come diceva bene Orazio, l'oceano o l'eterno proprio sulla soglia da conquistare e attraversare....
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